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L’ITALIA VIETA L’UTILIZZO DEL RICONOSCIMENTO FACCIALE FINO AL 2023 CON UNA SOLA ECCEZIONE
Con un emendamento Pd inserito nel Decreto Legge Capienze (approvato il 1° dicembre 2021) l’Italia vieta l’utilizzo del riconoscimento facciale in luogo pubblico o aperto al pubblico.
In pratica, è vietato installare sistemi di videosorveglianza dotati di tecnologie per riconoscere i volti dei soggetti ripresi in luoghi pubblici (come strade, piazze) ed aperti al pubblico (come negozi, stadi, teatri). La nuova norma prevede la sospensione dei trattamenti di riconoscimento facciale da parte di soggetti pubblici e privati.
L’Italia fa da apripista agli altri Paesi europei; è il primo Paese a vietare tecnologie di riconoscimento facciale. Il divieto prevede un’unica grande eccezione: l’utilizzo di questi sistemi sarà ancora permesso alle forze di Polizia autorizzate dalla magistratura per la prevenzione e repressione dei reati o l’esecuzione di sanzioni penali (per la ricerca dei latitanti).
Se autorizzate dalla magistratura (non servirà il benestare del Garante della Privacy), le forze di Polizia potranno utilizzare il riconoscimento facciale anche quando le videocamere sono puntate su luoghi pubblici o aperti al pubblico. In situazioni di urgenza debitamente giustificata, l’uso del sistema di identificazione biometrica remota in tempo reale da parte delle Forze dell’Ordine potrà avvenire anche senza autorizzazione.
Tutto resterà invariato, ovviamente, per le telecamere di sorveglianza non dotate di sistemi di riconoscimento facciale: in questo caso, si farà riferimento alla normativa precedente.
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La nuova legge fa riferimento alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (art. 4, n. 14, G.D.P.R., trattamento dei dati biometrici), nonché della direttiva (UE) 2016/680.
L’ITALIA VIETA L’UTILIZZO DEL RICONOSCIMENTO FACCIALE FINO AL 2023 IN ATTESA DEL NUOVO REGOLAMENTO UE
La nuova norma inserita nel DL Capienze che prevede il divieto di utilizzo del riconoscimento facciale sarà valida fino al 2023. Tale divieto farà da ponte verso il nuovo regolamento UE sull’intelligenza artificiale che getterà le basi per una normativa comune a tutti i Paesi europei.
Il testo del regolamento europeo sull’IA (che dovrebbe essere ufficializzato entro il 2023) prevede nuovi forti limiti al riconoscimento facciale. Nel regolamento UE si legge che l’installazione ed utilizzo di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale (dati biometrici) in luoghi pubblici o aperti al pubblico da parte di autorità pubbliche e soggetti privati “sono sospesi fino all’entrata in vigore di una disciplina legislativa in merito e, comunque sia, non oltre il 31 dicembre 2023”.
L’Italia è il primo Paese in Europa a fare questa moratoria sulla quale sono già arrivate proposte da Regno Unito e Germania.
LA NUOVA NORMA NASCE DA UN DISEGNO DI LEGGE DEL DEPUTATO FILIPPO SENSI
L’emendamento per il divieto del riconoscimento facciale inserito nel DL Capienze è stato promosso dal Pd; nasce da un disegno di legge redatto dal deputato Filippo Sensi.
Qualche mese fa, Sensi ha presentato una proposta di moratoria per il riconoscimento biometrico: il Pd ha pensato bene di far confluire il testo di Sensi nel dl Capienze che contiene aspetti legati alla privacy.
La moratoria è una sorta di compromesso: vieta l’utilizzo del riconoscimento facciale nei luoghi pubblici per un certo periodo di tempo in attesa di un regolamento UE ufficiale che verrà recepito dal Parlamento italiano.
Dopo un dibattito con i ministeri dell’Interno e della Giustizia, si è giunti alla nuova norma secondo cui fino al 2023 è vietato il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici. Per questioni di sicurezza è necessario chiedere il parere preventivo del Garante della privacy, seppure la magistratura non sia affatto vincolata dalla valutazione di un’autorità indipendente.
Per Filippo Sensi la nuova norma è un passo storico: “Abbiamo fermato il far west regolatorio che consentiva di accendere un faro sulla privacy di ognuno di noi”. Alcuni Comuni in Italia hanno tentato di installare telecamere smart in luoghi pubblici: “rischio scongiurato con campagne, mobilitazioni ed interventi del Garante Privacy. Ora c’è una norma che lo vieta. Ci sono tutte le tutele contro abusi ed arbitrii” ha concluso Sensi.
Il nocciolo della questione, evidenziato da Guido Scorza del collegio Garante Privacy, è questo:” Il fine non giustifica i mezzi e non tutto ciò che è possibile tecnologicamente è anche sostenibile democraticamente”.
L’UNICA GRANDE ECCEZIONE: GLI INTERVENTI DELLE FORZE DI POLIZIA
La nuova legge che vieta l’utilizzo del riconoscimento facciale non vale per gli interventi delle forze di Polizia (autorizzate dalla magistratura) mirati a prevenire e reprimere reati o per l’esecuzione di sanzioni penali.
Le forze di Polizia potranno utilizzare le tecnologie di riconoscimento facciale anche quando le telecamere sono puntate su luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Le ipotesi di liceità dell’uso di tecnologie per l’identificazione biometrica corrispondono a quelle previste dal dl 18 maggio 2018, n. 51.
In una situazione di urgenza giustificata, l’uso del sistema di identificazione biometrica remota in tempo reale da parte delle Forze dell’Ordine potrà avvenire anche senza autorizzazione (che potrà essere richiesta durante o dopo l’utilizzo). L’autorità amministrativa o giudiziaria di competenza nel rilasciare l’autorizzazione valuterà le indicazioni ricevute ed elementi oggettivi per stabilire se l’utilizzo della tecnologia di identificazione biometrica sia necessario e proporzionato agli obiettivi.
Ecco, di seguito, alcuni esempi:
- Prevenzione di una specifica ed imminente minaccia alla vita o all’incolumità fisica delle persone o di un attentato terroristico;
- Ricerca mirata di potenziali vittime di azioni criminose (inclusi bambini scomparsi);
- Individuazione, localizzazione, identificazione o perseguimento di un soggetto autore (o sospettato) di un reato di cui all’art. 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, punibile nello Stato membro UE su cui grava una pena detentiva o misura di sicurezza per un periodo massimo di almeno 3 anni. In tal caso, è necessaria un’autorizzazione all’uso del riconoscimento biometrico in tempo reale da parte di un’autorità giudiziaria o amministrativa indipendente dallo Stato membro che dovrebbe procedere con l’utilizzo.
L’ITALIA VIETA L’UTILIZZO DEL RICONOSCIMENTO FACCIALE: SANZIONI PREVISTE
Per la mera installazione o l’utilizzo di apparecchiature che consentono la raccolta di dati biometrici in luoghi pubblici, si applicheranno le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 166, co. 1, del codice di cui al decreto legislativo n. 196/2003 e dall’art. 42, co.1, del decreto legislativo n. 51/2018, salvo che il fatto non costituisca reato.
CRITICHE AL DIVIETO DI UTILIZZO DEL RICONOSCIMENTO FACCIALE
La nuova norma approvata all’interno del DL Capienze tutela la privacy dei cittadini messa a rischio in particolare dall’intelligenza artificiale, tecnologia che consente di identificare le persone riprese da telecamere di sorveglianza in modo computerizzato ed automatico, da remoto, in tempo reale.
Delle migliaia di videocamere IP installate negli ultimi anni in Italia da privati e dallo Stato pronte a riprendere tratti di marciapiede, strade, piazze, soltanto in minima parte sono attualmente abbinate a tecnologie di riconoscimento facciale.
Ben venga la nuova norma che regola l’utilizzo del riconoscimento biometrico anche se molti pensano sia insufficiente a tutelare la privacy dei cittadini. L’utilizzo di questi sistemi da parte di privati viene vietato fino al 2023 ovunque ma non alle forze di Polizia autorizzate dalla magistratura e questa eccezione (che serve a tutelarci prevenendo e reprimendo episodi di criminalità o terrorismo) è motivo di inquietudine per qualcuno.
Privacy Network, associazione che promuove privacy, protezione dei dati e dei diritti digitali delle persone, da tempo chiede una moratoria a 360 gradi dell’utilizzo di tecnologie per l’identificazione biometrica, senza alcuna eccezione. Visto che l’uso principale dei sistemi di riconoscimento facciale sono mirati ai trattamenti per la prevenzione e repressione di (presunti) reati, secondo Privacy Network la moratoria è insufficiente perché viene applicata ad ipotesi limitate (ad esempio teatri o centri commerciali). Privacy Network ha chiesto il divieto assoluto anche per prevenire e reprimere reati perché troppo pericolosi per la libertà di chiunque.
OSSERVAZIONI DELL’AVVOCATO LUCA BOLOGNINI E DI LAURA CARRER DEL CENTRO HERMES
L’avvocato Luca Bolognini dell’Istituto italiano privacy fa un’osservazione: “La norma è scritta con un linguaggio approssimativo che il Garante dovrà interpretare. Cosa s’intende per ‘utilizzare’ sistemi di riconoscimento facciale? La semplice installazione è temporaneamente vietata anche se la funzionalità non viene usata? Il legislatore, inoltre, pare aver considerato soltanto il riconoscimento biometrico facciale ma sappiamo che esistono altri parametri biometrici fisico-comportamentali che si possono adottare ed utilizzare massivamente in spazi pubblici e sono altrettanto rischiosi”.
Secondo Laura Carrer, membro interno del Centro Hermes per la trasparenza e i diritti umani digitali, “la moratoria è un passo indietro per l’Italia riguardo all’uso di queste tecnologie da parte delle forze di Polizia e dei pubblici ministeri”. Carrer spiega che un inciso del comma 12 cancella qualsiasi vincolo per l’autorità giudiziaria e della pubblica amministrazione: non dovranno “passare dal giogo del Garante Privacy”.
Prima dell’entrata in vigore della nuova norma, anche pm e forze di Polizia dovevano confrontarsi con il Garante per utilizzare tecnologie come il riconoscimento facciale, mentre ora sono “esentati da qualsiasi controllo preventivo”.
Laura Carrer ha aggiunto che il codice di procedura penale non contiene dettagli per l’utilizzo di sistemi di riconoscimento facciale, non indica le tipologie di reato per cui si possono impiegare o la durata di utilizzo di queste tecnologie. Un pm potrebbe richiedere di usare un sistema di riconoscimento facciale per verificare l’identità di certe persone che si incontrano con un indagato in una piazza pubblica in cui transitano centinaia di soggetti non coinvolti nell’indagine: i dati biometrici dei soggetti non coinvolti verrebbero comunque raccolti ed analizzati dal sistema di riconoscimento facciale.
Resta da capire fino a che punto il legislatore nazionale (e quello europeo) vorranno spingersi nell’ampliare o restringere la possibilità di impiego di dati biometrici.
Ciò che, ad esempio, il Garante ha stabilito nei mesi scorsi per il trattamento dei dati personali nell’impiego di bodycam resta invariato. Il legislatore, potrebbe, però, consentire l’utilizzo del riconoscimento facciale anche in questo campo.