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FURTI NEI NEGOZI: RETAILER PIÙ A RISCHIO, LE MERCI PIÙ RUBATE
Pensando ai furti nei negozi viene naturale chiedersi: quali sono i rivenditori al dettaglio maggiormente a rischio? I prodotti più presi di mira dai ladri? Concentriamo il nostro interesse su questo paio di domande affidandoci ad un recente studio per trovare risposte attendibili.
Stiamo parlando del rapporto “Retail Security in Europe. Going beyond Shrinkage” condotto da Crime&tech, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Transcrime, con il supporto di Checkpoint Systems, leader mondiale nella fornitura di soluzioni from source to shopper nel settore retail.
Dato n.1 di questo rapporto pubblicato a giugno 2019: in Europa, le differenze inventariali costano ai retailer oltre 49 miliardi di euro all’anno pari al 2,05% del fatturato annuale del settore retail.
Una perdita enorme, un vero e proprio buco nelle tasche dei rivenditori al dettaglio.
Lo studio rivela che, se confrontate col fatturato totale delle aziende, le perdite complessive relative alle differenze inventariali rappresenterebbero il quarto maggior retailer in Europa in termini di dimensione.
I 49 miliardi di perdita sono stati calcolati sommando il valore delle differenze inventariali (1,44% del fatturato) e delle spese relative alla sicurezza (0,61%).
Crime&tech ha realizzato un sondaggio su circa 23 mila esercizi commerciali attivi in 11 Paesi europei (Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Russia, Spagna, Svezia e Regno Unito). Sono stati analizzati i dati di 3.500 punti vendita, le statistiche degli uffici giudiziari nazionali, interviste con oltre 50 security manager e 1.600 notizie di reati (furti e rapine) registrati nel commercio a livello europeo nel periodo 2015-2017.
Vediamo i dettagli di questo colossale rapporto legato al settore retail in Europa ed estrapoliamo i dati italiani.
FURTI NEI NEGOZI: I PRODOTTI PIÙ RUBATI
Il valore delle differenze inventariali analizzato comprende non solo furti esterni e interni ma anche uso non conforme, errori amministrativi, scarti, merci scadute e prodotti freschi danneggiati.
In cima alla classifica di Crime&tech troviamo il comparto alimentare (2,0%): i cinque prodotti più rubati sono stati bevande alcoliche (come liquori, champagne), formaggi, carne, dolci e pesce in scatola.
La GDO (supermercati e grosse catene) rappresenta il settore più colpito dal problema.
Al secondo posto troviamo il settore dell’abbigliamento (1,4%): le merci che fanno più gola ai ladri sono accessori, maglieria, pantaloni e camicette.
Alimentare e abbigliamento: questi due settori commerciali presentano i più alti tassi di differenze inventariali.
I settori che registrano i tassi più bassi sono elettronica (0,4%), bellezza e cosmesi (0,5%) e articoli sportivi (0.7%).
Telefoni cellulari ed accessori sono in cima alla lista, rispettivamente nel settore dell’elettronica e per gli attrezzi di alto valore nei negozi di fai-da-te.
Dal rapporto emerge che oltre il 75% dei retailer esegue controlli d’inventario fino a 2 volte all’anno. Il 72% utilizza codici a barre mentre il 7,5% registra gli inventari a mano.
Le misure di sicurezza più adottate includono sistemi di videosorveglianza (80%), tecnologie EAS e sistemi di allarme gestiti da terzi (70%). Oltre il 25% dei retailer interpellati combina sistemi EAS e videosorveglianza per attivare una protezione più efficace.
Il tasso complessivo in Europa di differenze inventariali del 2017 è salito dello 0,19% rispetto all’anno precedente.
I tre Paesi europei più colpiti dalle perdite sono Regno Unito (8,8 miliardi di euro), Francia (7,2 miliardi di euro) e Germania (3,7 miliardi di euro).
OBIETTIVI DELLO STUDIO DI CRIME&TECH
Il termine ‘shrinkage’ (differenza inventariale) riguarda prodotti deperiti o spariti per svariati motivi: l’incidenza dei furti, tra tanti motivi, è significativa.
Dallo studio di Crime&tech emerge che anche i punti vendita che adottano il self-checkout registrano tassi particolarmente elevati di sottrazione delle merci.
Inoltre, i Pdv più grandi accusano mediamente perdite più alte e più stabili nel tempo.
Il tasso di differenze inventariali aumenta proporzionalmente al numero più alto di ore di apertura. La prossimità a una stazione ferroviaria o della metropolitana fa aumentare, mediamente, le differenze inventariali.
I negozi su strada subiscono ammanchi più elevati rispetto a quelli situati all’interno dei centri commerciali.
Lo studio di Crime&tech ha come obiettivo analizzare i metodi utilizzati dai taccheggiatori ma anche e, soprattutto, le politiche e le tecnologie adottate dai retailer, le contromisure e le soluzioni relative alla sicurezza adottate e combinate insieme per valutare e definire le strategie di controllo, protezione e prevenzione delle perdite riducendo i furti.
FURTI NEI NEGOZI: LA REALTÀ IN ITALIA
L’industria del taccheggio frutta, nel nostro Paese, 3,3 miliardi di euro all’anno.
La spesa sostenuta per le misure di sicurezza si aggira intorno ai 1,5 miliardi di euro all’anno.
Di conseguenza, si stima un costo totale riferito alle perdite nel settore retail di 4,8 miliardi di euro all’anno (intorno agli 80 euro annuali pro capite).
Mediamente, le aziende hanno registrato un tasso di differenze inventariali dell’1,2% del fatturato, incluse le perdite note e sconosciute. Questa media è riferita agli anni 2015, 2016 e 2017: ovviamente, il valore cambia da settore a settore.
Come in altri Paesi europei, il settore alimentare registra il tasso di perdita più alto (+2,4% nel 2017, con un aumento dello 0,1% rispetto al 2015), cui segue l’abbigliamento (1,4%).
I valori legati alle differenze inventariali più alti nel 2017 sono stati registrati nei punti vendita di Milano (prima città per furti nei supermercati), Genova, Imperia, Bologna e Napoli.
Il taccheggio è la causa numero uno delle differenze inventariali nel nostro Paese (ha il trend di crescita maggiore), seguito da furti (inclusi quelli commessi dai dipendenti), furti con scasso e rapine.
Le rapine sono avvenute, nel 52,8% dei casi, con minaccia e senza uso di armi, nel 22,2% dei casi con armi bianche (coltelli) e, per il resto, con armi da fuoco o violenza fisica.
METODI USATI DAI LADRI E MISURE DI SICUREZZA DEI RETAILER IN ITALIA
Oltre al “grab and run” (ndr. ruba e scappa), i metodi utilizzati più di frequente sono la rottura di etichette/placche antitaccheggio e l’uso di borse schermate che impediscono ai prodotti dotati di etichetta antitaccheggio di essere rilevati dalle tecnologie EAS meno recenti.
I ladri ‘tecnologici’ utilizzano dispositivi per disattivare il sistema di allarme.
In tale contesto, svolgono un ruolo di rilievo micro bande specializzate in questo tipo di furti: composte di solito da 3-4 soggetti, attrezzate (con jammer che inibiscono il funzionamento degli allarmi, distaccatori di etichette antitaccheggio, magazzini di deposito della merce rubata), organizzate per colpire più bersagli.
Sono in aumento furti commessi dai dipendenti e forme fraudolente interne più sofisticate come falsi vuoti, resi fittizi, annullamento degli scontrini e frodi legate alle carte fedeltà.
A dispetto delle statistiche su furti e rapine risultanti in calo, la percezione di ‘insicurezza’ dei negozianti al dettaglio italiani è molto alta: 1 su 2 crede che i furti siano in crescita.
Fine settimana, festività (specie il periodo natalizio) e periodi di lancio di nuove collezioni o prodotti registrano i picchi maggiori di criminalità.
I rivenditori al dettaglio, in Italia, spendono mediamente lo 0,5% del proprio fatturato in misure di sicurezza: le più adottate sono i sistemi di videosorveglianza (80%) seguiti da tecnologie EAS e sistemi di allarme gestiti da terzi (70%) mentre il 25% dei rispondenti combina videosorveglianza e sistema EAS.
Nove su dieci scelgono telecamere di sicurezza collegate ad una Centrale Operativa.
L’82,4% dei commercianti opta per sistemi di allarme affidati a terzi, professionisti in grado di monitorare tutto ciò che accade e di intervenire in caso di furto o rapina.
FURTI NEI NEGOZI E NELLE BOTTEGHE ARTIGIANE: STUDIO CGIA DI MESTRE
A fine agosto di quest’anno, è stato pubblicato lo studio condotto dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, un’indagine sui furti in Italia i cui dati sono stati ottenuti sulla base delle 90 mila denunce presentate nel 2017.
Da questi dati risulta che nel nostro Paese avviene un furto ogni sei minuti, 10 ogni ora e 246 al giorno nelle attività commerciali e nelle botteghe artigiane.
Un costo economico per gli operatori commerciali stimato intorno ai 3,3 miliardi di euro all’anno.
Se pensiamo che, tuttora, molti negozianti non denunciano i furti subiti, si tratta di dati preoccupanti.
Secondo quanto ha dichiarato il segretario della CGIA Renato Mason, i settori più a rischio di taccheggio sono le profumerie, i negozi di alimentari, abbigliamento (specie quello sportivo), di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Nel mirino dei furti con destrezza, invece, finiscono prevalentemente i gioiellieri e gli orologiai, mentre le principali vittime di furti con scasso sono gli autoriparatori e gli esercizi pubblici (bar, ristoranti e sale giochi).
Aggiungiamo noi: le farmacie sono sempre più soggette a rapine, anche violente.
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nel campo della massima protezione da furti, rapine, intrusione.
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3 Commenti.
[…] già trattato di furti nel retail pubblicando i dati della ricerca “Retail Security in Europe: Going Beyond Shrinkage” realizzata da Crime&Tech, spin off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il […]
[…] rischio rapina è altissimo in siti come banche o esercizi commerciali nel mirino dei ladri, anch’essi tenuti a riferire problematiche […]
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